co-co-proNon è l’abolizione (o semi abolizione) dell’articolo 18 la spina dorsale del Jobs act, ma la cancellazione di tutte le forme di lavoro grigio e la loro trasformazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato (a tutele crescenti). Matteo Renzi ha detto che nel 2015 200 mila lavoratori passeranno quest’anno da un contratto di finta co.co.co. o co.co.pro. a un contratto di lavoro subordinato: oggi non hanno alcuna garanzia di stabilità del posto di lavoro, godono di ridotte tutele pensionistiche (pagate a caro prezzo) e sono privi di ammortizzatori sociali. Domani avranno qualche certezza in più sul loro futuro. In cambio le imprese vedono cadere vincoli, ormai fuori da ogni logica produttiva, sui licenziamenti. Questo dovrebbe eliminare molte remore a dare il via a nuove assunzioni (agevolate dalla legge di stabilità anche con sgravi contributivi per i primi tre anni).

Uno dei decreti legislativi approvati venerdì scorso dal consiglio dei ministri (in prima lettura) prevede invece una sanatoria per tutte le collaborazioni convertite in contratti di lavoro subordinato entro il primo gennaio 2016 (ci vorrà ancora qualche mese per far diventare legge questa parte del jobs act).

Inoltre non si potranno più sottoscrivere contratti di lavoro a progetto.

E alle finte collaborazioni si applicherà la stessa disciplina del lavoro dipendente. Le collaborazioni non saranno abolite, ma il tentativo, perseguito in modo serio, è quello di eliminare quelle che mascherano un rapporto di lavoro dipendente: dovrebbero restare solo quelle legate a prestazioni intellettuali (per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 276/2003).

Dal primo marzo, poi (dovrebbero esserci i tempi tecnici per la firma del presidente della repubblica e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale di un’altro dei decreti approvati dal consiglio dei ministri di venerdì, questa volta in seconda lettura) entrerà in vigore il contratto a tutele crescenti che, riducendo le tutele per i neo assunti, dovrebbero però incentivare le imprese ad assumere. Invece di una tutela intangibile di un diritto astratto, una tutela ridotta, ma di un posto di lavoro concreto.
Si tratta in realtà di una riforma chiesta da anni all’Italia ma che finora non si era riusciti a realizzare per la fortissima opposizione della Cgil e dei suoi alleati all’interno e all’esterno del Pd. Nella stessa giornata di venerdì è arrivata il plauso dell’Ocse alla riforma, secondo il quale il Jobs Act può essere «il motore del cambiamento» per un Paese fermo da troppo tempo. Secondo l’Ocse, se attuata pienamente, insieme alle riforme strutturali, questa riforma potrebbe portare un incremento del Pil pari al 6% nei prossimi dieci anni e la creazione di 340.000 nuovi posti di lavoro nell’arco di cinque anni. Speriamo bene.
(Fonte: ItaliaOggi)

Le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.)

La disciplina contrattuale della collaborazione a progetto non viene applicata a determinate categorie di lavoratori.
In primo luogo, alle collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.) della Pubblica Amministrazione.
Esiste inoltre una serie di prestazioni in forma di collaborazione coordinata e continuativa per le quali non è prevista obbligatoriamente la tipologia a progetto. Si ritiene infatti che per queste prestazioni non sussista il rischio di comportamenti irregolari o illegali, per arginare i quali erano state introdotte le norme della riforma Biagi.
Non hanno l’obbligo, ma possono eventualmente stipulare un contratto a progetto, a seguito di un accordo tra le parti:

  • i professionisti iscritti agli albi di categoria (già esistenti alla data del 24/10/03);
  • i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società;
  • i partecipanti a collegi e commissioni anche tecniche;
  • i co.co.co. che svolgono attività per associazioni e società sportive dilettantistiche (affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI);
  • i titolari di pensioni di vecchiaia;
  • le collaborazioni occasionali (cosiddette mini co.co.co.).

 

 

One Reply to “Le Co.co.co. al capolinea”

  1. Casi di esclusione
    Alcune specifiche tipologie di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto sono però escluse dall’obbligo di essere trasformate in contratti a tempo indeterminato:

    le collaborazioni in essere in settori lavorativi nei quali gli accordi sindacali collettivi prevedono un disciplina specifica del rapporto di lavoro, legata alle esigenze produttive e organizzative (ad esempio, i call center);
    le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione ad un Albo (ad esempio, i giornalisti);
    le collaborazioni avviate per consentire l’esercizio delle funzioni proprie dei componenti degli organi di amministrazione delle società e dei partecipanti a collegi e commissioni;
    le collaborazioni con associazioni e società sportive dilettantistiche che vengono prestate per fini istituzionali;

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